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Articolo: La vita, la terra e la fotografia:
Con gli occhi di Salgado

La vita, la terra e la fotografia: <br>Con gli occhi di Salgado

La vita, la terra e la fotografia:
Con gli occhi di Salgado

La fotografia è una scrittura ancora più forte perché la si può leggere ovunque nel mondo senza traduzione.”


 

Generalmente, ogni forma di eccesso, si può far risalire al seme del desiderio umano. Così, prima che la fotografia venisse trasformata in un eccessivo “consumismo estetico” e molto tempo prima dell’era narcisistica del selfie, esisteva un mezzo quasi miracoloso che rispondeva ad un semplice eppure fondamentale bisogno umano: il desiderio di essere osservati, e nell’essere osservati, compresi. Ed è esattamente questo che trasmette la fotografia di Sebastião Salgado. Guardare una sua foto non vuol dire solo fare l’incontro dell’altro, ma anche incontrare se stessi. Vuol dire fare esperienza della dignità umana, capire ciò che significa essere una donna, un uomo, un bambino. Probabilmente Sebastião nutre un amore profondo verso le persone che fotografa. E osservando i suoi scatti viene da chiedersi come si misura il valore di una persona. Perché, esplorando queste opere, si capisce che il valore di un uomo è direttamente proporzionale alla capacità di utilizzare ciò di cui dispone per arrivare a toccare il cuore di un suo simile. È forse per questo che attualmente è considerato, da molti, il più grande fotoreporter al mondo. Come per la giornalista francese Isabelle Francq, che con un’eleganza e una semplicità disarmante, ha raccolto in un libro, Dalla mia Terra alla Terra, le testimonianze e la vita del fotografo brasiliano, esponendo le sue convinzioni e condividendone le emozioni. Si scopre il suo talento di narratore e l’autenticità di un uomo che sa coniugare attivismo e professionalità, talento e generosità.


 

“Alla fine, la Terra ci ha regalato una magnifica lezione di umanità. Scoprendo il mio pianeta, ho scoperto me stesso e ho capito che noi siamo parte dello stesso insieme – il sistema Terra.”


 

Un libro che ripercorre il tragitto dei suoi più famosi reportage, ma anche le storie che stanno dietro ad alcune delle foto divenute emblema e tratto distintivo della sua tecnica. Un testimone dell’era moderna, con il suo bianco e nero di ritratti potenti che narrano di vite quotidiane e ultimi della Terra, lavoratori o rifugiati, deserti e selve, paesi lontani e territori di immensa bellezza ma anche profonde ingiustizie.


 

“Ho contemplato la nostra terra dalle cime più alte agli abissi più profondi: sono stato ovunque. Ho scoperto la parte minerale, vegetale e animale e poi, ho potuto vedere noi essere umani come eravamo all’inizio dell’umanità. Una contemplazione molto confortante, perché l’umanità delle origini è molto forte, particolarmente ricca di qualcosa che poi abbiamo perso diventando urbani: il nostro istinto.”


 

Salgado nasce nel 1944 ad Aimorés, in Brasile. Alla fine degli anni ’60 si trasferisce prima a Parigi e quindi a Londra, dove lavora come economista per l’Organizzazione Internazionale per il Caffè. Nel ’73 torna insieme alla moglie a Parigi per intraprendere la carriera di fotografo. Da quel momento viaggerà in più di 100 paesi per i suoi progetti fotografici. Si occuperà prima degli indios e dei contadini dell’America Latina, quindi della carestia in Africa verso la metà degli anni Ottanta. Pubblicherà libri di enorme successo come La mano dell’uomoIn cammino e Ritratti di bambini in cammino. Fino al 2003 quando inizierà a lavorare al progetto Genesi, che lo impegnerà per i successivi otto anni allo scopo di raccontare un pianeta da salvaguardare: un viaggio fotografico fatto di oltre duecento immagini di mondi in cui natura, animali ed esseri viventi, vivono ancora in equilibrio con l’ambiente: dalle foreste tropicali dell’Amazzonia, del Congo e dell’Indonesia ai ghiacciai dell’Antartide, dalla taiga dell’Alaska ai deserti dell’America e dell’Africa fino ad arrivare alle montagne del Cile e della Siberia. Ma la sua particolare sensibilità per temi legati alla salvaguardia del pianeta inizia molti anni prima, nel 1990, quando, racconta con emozione, insieme alla moglie e compagna di vita Léila, avvera un grande sogno che più tardi sarebbe divenuto un esempio per governi e associazioni: la nascita dell’Instituto Terra, un progetto ambientale per ripristinare la foresta della fascia atlantica brasiliana, cui sono destinati gran parte degli introiti provenienti dal lavoro e dalla vendita delle stampe delle collezioni.


 

Ci insegna infine, in modo quasi poetico, ad acquisire una visione alternativa del mondo rispetto a quella che abbiamo in quanto “normali”. Osservare il mondo da un’altra prospettiva permette di raggiungere un altro livello di percezione: della vita, della società e della realtà in generale.


 

 

CasaGIN

 

In questo libro si sente (e si vede) la vita negli occhi degli uomini, nelle loro mani, nel guscio di una tartaruga, nel legno di un albero. Si sente che la vita viene tutta da lì: dalla natura. E che siamo tutti insieme qui: sulla Terra. Dovremmo ricordarcelo più spesso.


 

“La mia fotografia non è una forma di militanza, non è una professione. È la mia vita. Adoro la fotografia, adoro fotografare, giocare con le inquadrature e con la luce. Adoro vivere con la gente, osservare le comunità e ora anche gli animali, gli alberi, le pietre. Per me la fotografia è tutto questo e non posso dire che siano decisioni razionali quelle che mi portano in giro a vedere il mondo. È un’esigenza che proviene dal profondo di me stesso. È il desiderio di fotografare che mi spinge di continuo a ripartire. Ad andare a vedere altrove. A realizzare sempre e comunque nuove immagini.”

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