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Articolo: Tradizioni indigene e tribù:
radici della sostenibilità

Tradizioni indigene e tribù: <br>radici della sostenibilità

Tradizioni indigene e tribù:
radici della sostenibilità

L’abbigliamento, insieme ad architettura e cucina, rappresenta forse una delle più antiche forme d’arte. Gli indumenti, oltre ad offrici protezione e riparo, si sono trasformati nel tempo in un mezzo di comunicazione. Attraverso l’abito parliamo di noi stessi, di chi siamo, di chi vorremmo essere. Il nostro modo di vestire rappresenta una lingua in grado di raccontare una, cento, mille storie: uno strumento di espressione non verbale, che come l’arte è divenuto universale, parlando direttamente ai sensi e quindi a tutti gli esseri umani. Nasce così la moda, attraverso l’origine di stili nuovi e diversi, che differenti gruppi, in una società in continua evoluzione, utilizzano per comunicare la propria identità, la propria adesione a determinati valori culturali. Oggi la moda è un modo di celebrare la diversità e la varietà del mondo in cui viviamo, ma anche uno specchio nel quale potersi riflettere, un modo per apportare cambiamenti alla società e dare una continuità alla vita sulla Terra.


 

È forse per questo che la sostenibilità è sempre più diffusa. Ci troviamo a vivere in una società che propone capi prodotti nella stessa fabbrica, dalle stesse mani, a prezzi completamente diversi, destinati a segmenti opposti: da una parte il mercato di massa e dall’altra quello del lusso. E questo denota un grave problema. La moda veloce calpesta i diritti dei lavoratori e si identifica come modello non più sostenibile. È quindi necessario guardare a nuovi esempi e trarne profitto, al fine di creare un maggior equilibrio a livello mondiale. Un dilemma che potrebbe trovare una valida risposta in quegli angoli del pianeta dove la globalizzazione non ha ancora prodotto i suoi effetti, dai mercati emergenti alle tribù indigene.


 

L’Africa è il primo caso sul quale tenere gli occhi puntati: il continente con la popolazione più giovane del mondo, con un 60% di individui sotto i venticinque anni, ha una classe media in rapida crescita e molte pratiche tradizionali davvero interessanti. Il Barkcloth è una tecnica tessile molto diffusa in Uganda: il tessuto che si ricava, di rara bellezza, colorato e decorato, è ancora oggi utilizzato per importanti cerimonie. È ricavato dalle fibre di alcune piante della famiglia delle Moraceae e si ottiene battendo delicatamente la corteccia fino a farla diventare sottile ed elastica. Ecco perché la designer emergente Juliana Nasasira ha presentato la sua collezione utilizzando questo materiale tradizionale alla settimana della moda di Kampala. E non mancano altre tipologie di tessili provenienti dalla Nigeria e dal Ghana, oppure la tradizionale tessitura berbera nel Nord Africa, per chiudere con le perle artigianali delle etnie Masai e Ndebele, che potrebbero svolgere un ruolo centrale nella rivitalizzazione dell’industria della moda all’indomani della crisi del COVID-19.


 

CasaGIN

Ma anche il design indigeno proveniente dal continente americano gioca un ruolo fondamentale nel settore della sostenibilità. Artisti che affrontano il processo di creazione, facendosi custodi di un sapere antico proveniente dai loro antenati, salvaguardando così il fragile ecosistema nel quale sono immersi. Queste comunità adottano un approccio ecologico nell’utilizzo di pelli e tessuti di provenienza locale, creando piccole collezioni su ordinazione e riutilizzando scarti o vecchi oggetti per convertirli a nuova vitaOrenda Tribe è un brand eco consapevole che si focalizza su articoli vintage riutilizzati e riciclati, nato dall’idea di Amy Yeung, creativa indigena che ha lanciato il suo marchio dopo aver lasciato la propria carriera nel mondo fast fashion. Urban Native Era, attraverso il potere della narrazione, utilizza design, film e fotografia per potenziare il cambiamento collettivo ispirandosi ad una produzione ecologica. Section35 mira invece ad unire arte, cultura e stile di vita indigeni in un marchio streetwear attento ad una rappresentazione autentica del mondo. OXDX grazie ad insegnamenti tramandati per generazioni, azzera gli sprechi con programmi di upcycling che permettono di offrire abbigliamento personalizzato.


 

Ma la moda sostenibile tocca anche l’IndiaSempre più marchi coscienti riconoscono la necessità di rendere i vari aspetti legati a design e funzionamento più rilevanti per l’ambiente e la forza lavoro localeSoham Dave utilizza ingredienti naturali per tingere e purificare i propri tessuti. Il brand Kaleekal utilizza telai manuali e tradizionali in modo da attirare gli acquirenti più esigenti; e per ridurre al minimo gli sprechi industriali adopera tessuti naturali. Bhu: Sattva, infine, sta guidando una rivoluzione silenziosa in India con del cotone organico realizzato in Gujarat; e sta espandendo ricerca e sviluppo al fine di fondere tessuti realizzati con fibre di banana, bambù, soia e seta.


 

In breve, sebbene praticata in diverse forme, la moda esiste in quasi tutte le culture e può essere considerata una peculiarità distintiva della specie umana. Anche nelle sue forme più primitive, essa risponde a determinati bisogni universali, come la sopravvivenza individuale e di gruppo, nonché a questioni esistenziali. Non resta che sperare in un movimento sempre più consapevole e attento alle vere necessità della nostra esistenza. In questo senso la moda deve essere sempre più narrazione attraverso l’abbigliamento; raccontare le storie dietro e tutt’intorno ai nostri capi per divenire influenza culturale e punto di contatto con ciò che indossiamo.

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